“L’IA non è capacità cognitiva, non riproduce i processi e le attività mentali che generano le nostre conoscenze. È una formidabile archivista: un secchione, non un genio”. Si apre così l’editoriale di Gianni Prandi pubblicato di recente da “L’Espresso” e dedicato ai rischi e alle opportunità dell’Intelligenza Artificiale.
Il monito di Gianni Prandi sull’IA
Gianni Prandi richiama alla memoria l’entusiasmo con cui negli anni ‘80 furono accolti i primi personal computer, spesso visti come strumenti quasi magici capaci di fare qualsiasi cosa. Questo paragone serve a mettere in guardia contro la stessa sopravvalutazione che oggi circonda l’IA. “Quella confusione tra realtà e fantascienza – scrive – è stata deleteria, diffondendo una nebbia in cui è rimasta imprigionata una generazione”. Oggi l’IA viene etichettata come un miscuglio di idee disparate, portando alla diffusa convinzione, ormai diventata un luogo comune, che non ci sia motivo di preoccuparsi del futuro poiché sarà l’IA a occuparsi di tutto. “Bisogna invece cominciare subito a chiarire che l’intelligenza non è intelligente: non è capacità cognitiva, non riproduce i processi e le attività mentali che generano le nostre conoscenze”, ribadisce Gianni Prandi. “Il suo mestiere è un altro, come se fosse uno straordinario archivista: sa incamerare quantità formidabili di dati e catalogarli con una rapidità eccezionale in modo da poterli confrontare. Usando il termine che si usava per distinguere le doti degli studenti: è un secchione, non un genio”.
Gianni Prandi: fondamentale stabilire regole e principi
È cruciale chiarire che l’Intelligenza Artificiale non è davvero “intelligente”. Non possiede capacità cognitive autonome né riproduce i processi mentali umani. Il suo ruolo è principalmente quello di gestire enormi quantità di dati, catalogandoli e confrontandoli con una rapidità che surclassa il cervello umano. L’esperienza di Vidierre con il sistema avanzato di Media Intelligence WOSM© è illuminante in questo senso: “In 30 anni di monitoraggio della rete Internet l’abbiamo vista accumulare miliardi e miliardi di byte”, scrive Gianni Prandi. “Il problema è che si affronta un cambiamento così profondo in maniera superficiale. Si mescolano fantascienza e paure creando una nuvola di caos tale da lasciarci privi persino di una definizione di intelligenza artificiale”. L’unione tra potenza di calcolo, grandi quantità di dati e correlazione statistica ha aperto una nuova frontiera. Pur operando in un’azienda che si occupa di elaborare dati, il fondatore di Vidierre mantiene un approccio umanistico: “Non posso non farmi domande su dove ci porterà l’Intelligenza Artificiale, che non ha la sua forza nella capacità di comprendere, ma in quella di agire: è azione senza intelligenza, questo caratterizza la sua rivoluzione”, riflette. La domanda cruciale è come intendiamo utilizzare l’IA. Siamo davvero pronti per una civiltà del fare, in cui l’IA risolve problemi, completa mansioni e migliora le sue prestazioni? Tutte le innovazioni, se non governate, rischiano di schiacciare l’uomo, avverte Gianni Prandi. “Credo che sia importante stabilire regole e principi – conclude – Il rischio è che comprima l’autonomia, l’indipendenza e la capacità di decidere: un percorso che trasforma l’essere umano in un mezzo, mentre dovrebbe restare il fine”.